giovedì 28 agosto 2008

intervista all'Autore

Autore: Sì, è vero. Il mio personaggio, o meglio il personaggio che ho creato... Beh, diciamo pure il mio personaggio, ecco, al mio personaggio capita questa cosa, che non ha una cadenza regolare, bensì, come dire, una cadenza accidentale, per quanto insomma possa essere accidentale una cadenza, ma così è, tipo gli capita ogni tanto di avere questo periodo, come si dice in inglese, the period, ha questo... questo "mestruo emotivo" (ride), sì, proprio così: cola emozioni, o cola emotività, sanguina emozioni ed emotività. Gli succede perché ha questo vizio, che poi è semplicemente una sua caratteristica, e però può essere anche un difetto, come può essere una cosa positiva, ha questa cosa che vive tutto così intensamente, che ogni cosa che vive a livello emotivo, o meglio, scusi, che vive ogni cosa a livello emotivo, e così ci sono dei momenti in cui si carica, per così dire, si carica e allora il suo corpo, anzi la sua anima, o comunque niente di fisico, ecco, deve in un certo senso spurgare (ride) e allora lui cola sentimenti, e lui non può farci niente, ha il mestruo emotivo, sì (ride).

Intervistatore: Non c'è proprio niente che possa fare? Non c'è uscita?

A.: È come dire che lui non può fare niente se non aspettare che passi. Come il mestruo vero e proprio. Poi passa. I tempi sono forse più lunghi, forse minori. Non c'è una regola. Anche perché lui, come si vede, non è che abbia dei metodi, e anche se ce ne fossero, non credo che li userebbe (ride) anzi, dato che l'ho creato io, le dico da subito che non userebbe alcun metodo. D'altra parte, non ci sarebbero assorbenti, no? (ride) È uno cui piace, in un certo senso, questo flusso di emotività, è vile in questo, molto vile, me ne rendo conto: lui crede così di essere vivo (sbuffa), o robe del genere, e chissà che non abbia ragione. Per questo si sente sempre in dovere, per così dire, di renderne partecipe le persone che ama. È una cosa molto fastidiosa, a mio parere.

I.: Eppure sembra che un metodo lo abbia trovato...

A.: A cosa si riferisce? Al gioco? Beh, quello non è un metodo, non è assolutamente un metodo (ridacchia). No, è tutt'altro, è come un mezzo che lui ha per sanguinare: a lui piace sanguinare, come dicevo, nel senso che non può farne a meno, lui accetta questo ciclo mestruale del Sé (ride) che dopotutto gli serve, forse, secondo me gli serve ogni tanto, lo mette di fronte a tutte le sue problematiche, a tutte le dimensioni del suo essere nel mondo, e soprattutto di fronte a tutte le non-dimensioni del suo non-essere, di quello che non è, che non è ancora e così via. Nessuno può bloccare il ciclo, credo.

I.: E il gioco, allora, che funzione avrebbe?

A.: Mah, il gioco che lui fa con le persone che ama ha del masturbatorio, in un certo senso, mi permetta. Lui va lì, e alle persone che ama chiede: immagina che una sera mi inviti a cena, io arrivo, tu apri la porta e siamo io e un'altra persona, logicamente si sta parlando dell'amore, della persona con cui fa coppia, e gli chiede: ecco, dimmi chi ti immagini di fianco a me, alla tua porta, com'è? Descrivi! Lei non lo trova masturbatorio all'eccesso?

I.: Se si tratta solo di un piacere personale...

A.: No, mi scusi, non mi sono spiegato. Non è masturbatorio e basta. Il fatto è, lei capisce, che se uno cola in quel mondo, beh, ad una certa sente il bisogno di indirizzare il flusso verso un'immagine, un'immagine che cerca di concretizzare, futuribile e futurosa (ride)...

I.: Insomma, è un romantico?

A.: Non in senso classico. Non vorrei che i lettori pensassero che il mio personaggio sia un personaggio romantico, alla ottocento tedesco, e robaccia simile; l'unico romanticismo che ha consiste nell'essere il personaggio di un romanzo. Più che romantico potrei dire che è... romanzico (ride).

I.: Tornando al gioco, e alla sua funzione...

A.: Sì, scusi, è che ci tenevo a precisare... (pensieroso) Comunque il gioco che lui fa, che lui chiede di fare alle persone che ama, diciamo pure agli amici, ecco, a lui serve perché in questo periodo di mestruazione emotiva (ride) lui deve, come dicevo, indirizzare il flusso della sua emotività verso un'immagine, ma non, si badi, non un referente terreno, né tantomeno un referente simbolico, solo lui trova questo bisogno, sì, trova di avere questo bisogno, gli nasce così, spontaneo, si potrebbe dire che fa parte del flusso, è nel flusso (pensieroso)... Questo bisogno, dicevo, di credere che tutto questo avrà un senso. Così fa costruire agli altri l'immagine che loro vedrebbero a suo fianco. Poi non è che si metta a cercarla da qualche parte, questo non lo può fare, però se comincia ad ottenere immagini tra loro simili, ecco, può anche capitare, diverse persone e immagini simili, allora non dico che è contento, o che questo plachi il suo sanguinare, però ha qualcosa su cui sanguinare, qualcosa da nutrire con le sue emozioni. Poi, questa immagine va via come il fazzoletto dopo...

I.: Così può spurgare, come diceva?

A.: Sì, può lasciare che il flusso finisca, ma non nel vuoto. Certo resta il lato masturbatorio, ed è una cosa molto fastidiosa, mi creda, molto fastidiosa.

lunedì 25 agosto 2008

qualche intimismo (mon noir désire)

«...che le cose capitano, ma quando non capitano? E poi, perché non capitano per così tanto tempo? Bisognerebbe cercarlo, questo amore, ma dove cercarlo? Come? E perché? E poi, cercarlo davvero? Per trovare cosa? L'amore, questo amore. O anche solo qualcuno, una persona a cui dire, a cui far capire: voglio solo dormirti addosso. Amico, non lo trovi estremamente romantico? Qualcuno quotidiano, con cui star bene. Ma come trovarlo? Senza cercare? Gli amici degli amici degli amici degli amici... Dicono sia questo l'unico modo sano, retto, Amico, per cercare, anzi per trovare. Ma io non ho più gli amici degli amici, né qui, né lì. Vorrei che le cose mi capitassero; a volte ho l'impressione di guardarmi intorno solo per vedere se c'è quell'Uno che potrebbe farsi dormire addosso. Quando non mi guardo intorno, forse è che non esisto? Io non lo so, Amico. Eppure. Mi sembra a volte di scoppiare, scopro ogni giorno di essere colmo di amore, che potrei dare e dare e dare senza chiedere mai il conto, senza pretendere mai niente. Questo mi fa paura. Forse ha fatto paura a tutte le persone che ne sono sfuggite. Devo smetterla di vivere le cose così intensamente. Ma non è possibile scendere a compromessi. Voglio solo qualcuno che mi dorma addosso, o qualcuno cui dormire addosso. Amico, non lo trovi così semplice? Forse per questo preferisco la panza, che fa sostanza e appoggio. No, non credo. Non ho più da tempo il tipo ideale. La serendipity, Amico, questo è quello che ho vissuto nelle meglio storie: come dire "quando meno te lo aspetti" e "da chi meno te lo aspetti". Dopotutto lo dici anche tu, io sono quello del "Lasciarsi innamorare". Quanto hai ragione, Amico, solo che forse non sai: è un prezioso consiglio che do agli altri, ma io... Io troppe volte mi sono tuffato, così, a bomba, ricordi quando ti dicevo che la solitudine poi, quando è interrotta di botto, porta a tuffi bomba, Amico? Raccontami, raccontami cosa si prova, adesso, perché sai, forse, si dimenticano quelli come me, quelli come me se lo dimenticano, non so nemmeno se ne sarei ancora capace. Mi chiedo se ci sia qualcuno che voglia dormire con me, semplicemente. Io mi faccio paura, per tutto quello che potrei amare, e faccio paura alle persone che amo, non so gestirmi da solo, tu hai capito che io non so gestirmi da solo, Amico. O meglio, io non so più gestirmi da solo. Ho perso il controllo, come se avessi sopito per anni ogni forma di acuto sentire, ora non so più lasciarmi innamorare, con quella gradualità che fa le cose per bene. Non sono mai stato graduale, ho sempre cercato - è un pensiero che mi torna in queste ore, in questi giorni - ho sempre cercato l'amore usando il sesso, che invece è un arrivo, e non può farsi partenza (conosci casi?). Come può lasciarsi innamorare uno così, uno come me? Io che ad ogni amplesso occasionale amavo? Era come se stessi amando ogni volta un perfetto sconosciuto? Grazie Amico, che ora che gioisco per te, mi costringi a confrontarmi con le mie mancanze, Amico, l'altra notte mi sono sognato nudo, e nudo mi sono svegliato, perché nudo voglio essere, forse. Vedi? Non so mai, sempre con questi forse. Ho i miei dubbi, ho i miei dubbi. E se avessi bisogno di una persona semplice, di quelle che quando torni a casa la sera la prima cosa che ti dice è: hai fame? Ma questo è uno scenario di vita quotidiana, come se io volessi fare casetta, come se io volessi stabilirmi in un luogo con una persona. È questo che desidero, secondo te, Amico? Io non lo so, forse. Le cose non capitano, e non posso farle capitare. Non so lasciarmi innamorare, io, non so. E non posso innamorare, no, chi troppo ama non ama mai davvero, dicono, anche se non ricordo chi lo dice. E io? Lo vedo lì, nero...»

mercoledì 20 agosto 2008

il riporto

«...poneva un interrogativo relativo all'influenza del contesto sul contenuto e l'intensità delle relazioni. Certo è da approfondire, a rischio di scadere nel criptico, la questione se sia possibile che una relazione possa essere ovunque. È in altri termini possibile che cambiando il contesto e l'ambiente sullo sfondo (e con essi il numero e la natura dei protagonisti), una relazione che in un luogo è in un modo, nell'altro non possa essere più così? È l'ambiente a influenzare contenuto e intensità, ossia le scelte di interazione e interrelazione degli attori coinvolti? O anche, è plausibile che l'intersecarsi di diverse relazioni muti profondamente la relazione in oggetto, tanto da mettere in discussione i fondamenti stessi della relazione? Quanto l'ambiente dell'azione condiziona la relazione? La plasma, la configura, le fa da sfondo, da repertorio di immagini e risorse? Che relazione fra la relazione e il contesto della relazione? Forse adottando una prospettiva sistemica, l'unica risposta è la consapevolezza delle influenze. Ma un sistema spazio - tempo - relazione ha troppe variabili, perché sia realmente accettabile come soluzione: se una relazione ha delle fondamenta solide, condivise, queste dovrebbero essere traslabili in un contesto diverso, essendo soprattutto le persone, in una relazione di siffatta natura, a determinare lo svolgersi della performance interattiva e relazionale. Bisogna stare attenti al determinismo ecologico, e allo stesso tempo ad una visione simbolico-interazionista. Se la relazione è performance, necessita di un frame in cui svolgersi. Ma se la performance ha una costruzione solida, essa dovrebbe di principio essere replicabile, con i dovuti assestamenti, in diversi frame, e in particolare in frame non molto dissimili fra loro. È certo da cercare una bibliografia a riguardo, ora che ci si è riportati...»