domenica 30 marzo 2008

sehnsucht

oggi so di sole, oggi
ho preso il sole, su
ogni singolo filo
d'erba dell'orlo,
ho atteso
che il profilo
delle prime ombre
mi sfiorasse, al tempo
di assecondarla, questa
incessante brama
di una carezza, per esistere

non pubblicata
29 marzo 2009

giovedì 27 marzo 2008

colazione, dilazione

{.. } si sentì debole, appena si svegliò, mezz'ora prima della sveglia.
Si chiedeva perchè mai la sera prima si fosse sottomesso a quell'ordine, a quel comando, a quella imposizione. Cosa aveva voluto dimostrargli? Che poteva fare quello che lui richiedeva? Che poteva ancora fidarsi di lui? Forse era solo un modo di ribadire il rispetto, di far capire che il rispetto non lo aveva negato, che tornando tardi la notte, se l'altro era già a letto, avrebbe continuato a muoversi lentamente, cercando di non disturbare, a differenza di chi generava rumori e disordini con il solo scopo - ne era sempre più convinto - di farlo sentire indesiderato, fuori luogo, di troppo, o semplicemente inesistente. Avrebeb avuto tutti i motivi di non fare, di non accettare, rimuginava mentre beveva il suo cappuccino, e la ciambella alla marmellata gocciolava ripieno nella tazza semivuota, eppure {...}

martedì 25 marzo 2008

resurrezione


{ ognuno ha il mare
che riesce a raggiungere }


giovedì 20 marzo 2008

la verità

(...)
e ormai era certo, assodato: era diventato un essere infelice. Ogni suo discorso ruotava intorno all'amarezza, se ne rendeva conto; ogni suo sorriso era strappato di forza ad un'espressione persa nel vuoto, se ne rendeva conto. Era stata come un'illuminazione, un ex abrupto del pensiero, inferto da chissà quale mente superiore alla tranquillità di una giornata come le altre, in cui combatteva le stesse lotte che da un mese a quella parte lo impegnavano nelle parole a vuoto e nei magoni improvvisi. Ma le lacrime non scendevano più, rimanevano raggrumate sotto le palpebre stanche e sull'orlo delle occhiaie, non valevano il tempo che avrebbero bagnato. Ormai era un infelice, arrivato alla soglia del non ritorno, se non addirittura già dall'altra parte, dove la certezza delle ferite diventa cicatrice, come un battesimo oscuro. Pensava, o si convinceva, che a quel punto la cattiveria di cui continuava ad essere oggetto non avrebbe permesso altre parole, altri perdoni. Stavolta non ci sarebbe potuto essere perdono alcuno, e d'altra parte come sarebbe stato possibile sorvolare, o anche solo ripartire? Con quali nuovi compromessi? Ne sarebbe valsa la pena? I loro erano giochi così sottili da penetrare non solo nella carne, ma nelle ossa, da diventare crepe per gli spifferi freddi della memoria. Non c'erano nuove partenze possibili, già sapeva che ogni qual volta avesse pensato a questo periodo, a questo calvario, avrebbe stretto i pugni dalla rabbia. Non conosceva più i volti, né le voci. Era infelice, cosa poteva fare ora? Forse, avrebbe dovuto
(...)

lunedì 17 marzo 2008

sofismi della non-esistenza

«Non c'è modo di provare che è preferibile essere al non essere»
(Emile Cioran)


Ci sono almeno due livelli di significato dell'esistenza. Un primo modo di concepire l'esistenza è tutto postmoderno e ha a che fare con la dinamica dei fluidi, con la liquidità baumaniana, con l'esistenza come processo di continua negoziazione, sempre in divenire, il flusso dello scambio con l'Alter. E c'è un secondo significato, che è più classico, più aristotelico forse, ed è l'esistenza come risultato, come stato, come condizione, l'esserci che è prodotto di un riconoscimento sancito attraverso lo scambio linguistico, attraverso il discorso verbale e non verbale tra Ego e Alter.

Negare la parola e il gesto all'altro, nel senso del discorso e del confronto (anche formale) con l'altro, è negare la negoziazione delle identità e allo stesso tempo negare qualsiasi risultato stabilito, fisso, da cui possa partire l'interazione che costruisce il sociale e l'esperienza del Sé. Come dice Herbert Mead, il soggetto è l'interazione di tre componenti, l'Io che attiene alla dimensione psichica dell'ego freudiano, il Me che corrisponde all'immagine che Alter ha di Ego, e il Se che nasce dall'interazione fra l'Io individuale e il Me sociale*. E alla base di tutto vi sono significati e comunicazione dei simboli.

Quello cui dovrebbero stare attenti coloro che negano l'esistenza o l'identità, sia attraverso la negazione del dialogo che in altri modi, è che un individuo non riconosciuto, che non esiste è un individuo deresponsabilizzato, che si sente libero di fare quello che vuole a suo piacimento, e che non deve renderne conto a nessuno. Perché se Alter decide che Ego non esiste, non è automatico che Ego si annichilisca, a lui resta un altrove, e una coscienza - per quanto monca - di essere comunque.

L'esistenza è riconoscimento della responsabilità della presenza.


sabato 15 marzo 2008

voluptas

Il termine libido può essere generalmente tradotto con "desiderio" o "voluttà". Secondo Freud, la libido rappresenta la principale fonte di energia psichica umana, e sembra avere un ruolo fondamentale nel narcisismo e nelle psicosi. In particolare, l'uomo nel corso della sua evoluzione ha deviato la sua energia libidica verso la creazione di un mondo altro, il mondo simbolico della civiltà e della cultura. Questo fa sì che l'essere umano viva in un continuo stato di tensione nervosa, perché oggetto di spinte contrapposte fra la natura e la cultura.
La cultura è quindi una malattia, una nevrosi al pari dell'incessante desiderio della natura, di seguire la pulsione che presto si tradurrà in quell'impulso che va sotto il nome di Thanatos, l'istinto di morte, il desiderio di concludere la sofferenza della vita e tornare al riposo, alla tomba. Questo non vuol dire, per seguire le contrapposizioni, che thanatos-natura sia contrapposto a una cultura-eros-libido, ossia l'energia della creazione, perché il disagio della nostra civiltà, infatti, è nell'accostamento ibrido fra cultura e thanatos.
Questo per dire che appagare un desiderio come svuotare le gonadi è cultura, e porta a distruzione.

«I piaceri semplici sono l'ultimo rifugio della gente complicata»
(Oscar Wilde)

venerdì 14 marzo 2008

di topi e di veleni

gioisco di un'assenza. è cattiveria, o il limite oltre il quale il movente si fa chiaro?
molte persone, lo so, mi vogliono bene, lo vedo, me lo dimostrano. ma sembra sempre così vacuo, quando non sono le persone che vorresti ti volessero bene, perché tu il confine tra il salame sugli occhi e il burro sul pane lo hai già messo via, e ti sei buttato a capofitto nella mollica. ma come ogni tozzo di pane, quando è raffermo, non può che finire in brodo.


è chiaro che se il bagno è vicino alla camera, qualche odore viaggerà, se non prendi cura di serrare i rispettivi usci.

stiamo parlando di merda, odore di.

mercoledì 12 marzo 2008

ceci n'est pas un lieu

[la necessità]
Penso che si abbia bisogno di almeno tre luoghi, il numero minimo: un luogo che è casa, dove tornare ogni tanto, un altro che è dove devi stare per vivere le tue esperienze, come il luogo in cui studi, se è diverso da casa, e infine un luogo terzo, dove hai qualcuno da cui rifugiarti regolarmente, a intervalli più o meno regolari, un luogo terzo dove c'è qualcuno che ti aspetta sempre, che desidera averti con sé. Un rifugio, sul serio.
Il problema è che a volte le cose si confondono, e il luogo inteso come spazio identitario e relazionale si dissolve fra i diversi "posti", i significati si con-fondono, e quel che prima era casa, diventa il luogo della transitorietà dell'esistenza, e viceversa.

Il luogo terzo risolve il problema, in quanto sempre un altrove distinto dall'immediatezza del quotidiano
, in quanto mediazione fra il qua e il là che si interscambiano continuamente.

Vorrei avere dei luoghi terzi che risolvano il problema.

questa verita in cui non credo

credo di avere capito, in questo periodo, cos'è l'amicizia vera, prendendo per assunto che questa esista. io tendo a considerarla una verità, seppure apparente, fallace o chissà cos'altro. credo che l'amicizia vera sia amore incondizionato, un fondo che risulta dalla decantazione del fluido delle relazioni, qualcosa che resta sul fondo, e che alla fine delle increspature, anche le più burrascose, non viene mai messo in discussione. credo che un vero amico o una vera amica (genderly correct) sia quella persona che ti ama oltre, con cui puoi vivere dei periodi medievali, delle lunghe interruzioni, dovute a lontananza o a qualche fraintendimento, ma con cui alla fine, ritrovandoti, ti accorgi che il discorso (come metafora) non si è interrotto, perchè nessuno dei due ha messo in discussione - né negando, né tacendo - quella base comune che ormai è lì, sul fondo del barattolo.

l'amicizia vera è amore comunque.

dicono sia dell'acquario la tendenza a vivere per grandi ideali, a cercare sempre di scovare l'iperuranio della vita quotidiana, per quanto mi risulti che Platone fosse del segno dei gemelli, ma non importa. il vero problema è che queste grandi idee, queste grandi costruzioni, queste immagini le creiamo ad hoc, al momento, non credo siano delle idee da sottoporre a reminiscenza. la verità, sì, ma forse...


«Che cos'è verità? Inerzia; l'ipotesi che ci rende soddisfatti; il minimo dispendio di forza intellettuale» (Nietzsche)

no, non ci credo che sia inerzia, come se la verità fosse lì, in attesa della furbizia di qualcuno che col minimo sforzo la scopra. non credo nemmeno sia troppo difficile, forse la verità è solo la condivisione del modo in cui la si cerca.

e l'amicizia vera è amore, ed è comunque.

lunedì 10 marzo 2008

la fame

(se segue)
Uscì dal negozio che aveva ancora addosso l'odore dell'altro; nemmeno il fumo di una sigaretta poteva avvolgerlo e offuscare gli eventi appena trascorsi, l'ennesima prova delle sue debolezze. Tutto si era svolto secondo copione: la finzione di un'accidentata passeggiata, la finzione di una sosta gentile, per un saluto, l'attesa impaziente dell'orario di chiusura, l'invito a spostarsi sul retro. Il tabacco bruciava veloce sulla strada del rientro, per quanto lui non corresse affatto. Non aveva più premura di niente, gli era bastato soddisfare una voglia da dopolavoro. Anche se la cicca è sempre amara, dopo, e non te la godi, perché uno strano nervosismo ti invade, come l'invitato a un banchetto di nozze davanti al buffet: ogni volta che succedeva, era come se si stagliasse davanti alla mente un orizzonte di occasioni, di veloci opportunità di soddisfazione, un appetito ingordo di corpi, l'assaggio di sentirsi desiderato, sospendendo ogni giudizio estetico sulla situazione.
Era come avere semplicemente fame, prima di un digiuno annunciato.
(allora continua)

mercoledì 5 marzo 2008

*

Le loro brame segrete, le loro
selvagge vittorie sulla carne
si confidavano. Una notte
(avevano tutto il giorno tutto, giorno
di prima estate,
vagato per la campagna
insieme) insieme
di stanchezza dormirono. All'alba s'incontrarono
i loro corpi nudi.
Fu una cosa del tutto naturale.

(Sandro Penna)

* gentile dono di un interlocutore degno

post 1

Sto ancora cercando qualcosa di riflessibile, che ci si può riflettere dentro e sopra

Pierrot, amico mio, insegnami a mettermi sull'angolo della strada e poi, come tu fai, io farò

Il signore ha l'aria trasognata, disse il portiere di notte.
Non sono il tipo, disse Pierrot. Ma spesso mi capita di non pensare a niente.
È già meglio che non pensare affatto, disse il portiere di notte.


E si mise a ridere

martedì 4 marzo 2008

questa non è un'introduzione

Ho bisogno di un nuovo spazio. Nuovi spazi per confrontarmi, mentre inesorabile scorre il tempo. Ma una cosa sia chiara, questo non è un blog, a meno che non lo pensiate voi stessi. Sarà le parole del testo che ognuno di noi è: se cambia l'interpretazione che l'altro dà, l'intonazione con cui legge, cambia tutto il significato.

Testo onnivoro e onnicomprensivo. Lineare nei suoi paradossi, coerente nei suoi sbalzi d'umore.

Ho deciso di scrivere un diario intimo della mia piccola anima che è certamente immortale, e che da dire potrebbe avere molto, o molto poco.

Ho solo bisogno di spazio nuovo, surreale, terzo.

"Tenga duro, signorina"