giovedì 30 aprile 2009

差密

差密 | il mistero della differenza


«(...) la differenza è nelle cose, la loro essenza è nella differenza fra esse. Le loro diversità le definiscono, le connotano e le denotano. Le raccontano. La ricchezza delle dissomiglianze: dalle somiglianze si impara poco. La matematica della verità impone che per conoscere il valore delle cose si debba trovare la soluzione alla loro equazione differenziale, che esprime la relazione fra una cosa e tutto ciò che ne deriva (...)»

domenica 26 aprile 2009

montessori

A me a sentire ancora persone, l'aggente, che dice: rivogliamo la Lira, mi viene il prurito. Se poi vedo che sono gli iggiovani, mi viene da esplodere. Bella la nostalgia, ma cum grano salis.

sabato 25 aprile 2009

l'aquil eia

«Che piaccia o che non piaccia», é così.

venerdì 24 aprile 2009

grumors

Quello vuole fare il G8 a L'Aquila perché così i no-global non se la sentiranno di andare a fare casino nella tragedia. È proprio un esempio di acume politico. D'altra parte, le vetrine son già rotte, che differenza fa?

25 Aprile? Adesso basta. (Grazie ad AdP)

C'è chi pro, e chi contro. C'è chi partigiano, chi repubblichino. C'è chi guerra civile, c'è chi resistenza. 
Da sempre, comunque, l'italiano se la festeggia.

martedì 21 aprile 2009

l'esaurimento

Il domino dei reality, finiti uno dopo l'altro tra domenica e lunedì, è significativo nei suoi risultati. Gli esiti, i vincitori, rappresentano - assumendo la bontà del televoto nazionaltelevisivo - quello che il pubblico italiano sembra apprezzare in questi tempi di crisi. 
A X-Factor ha vinto il padre di famiglia, l'homo normalis, il tipo della strada, incappottato nel vento della sua città, con una voce conciliante, rassicurante, consueta, che non destabilizza. Ha vinto il melodico, l'armonico, il low profile
Alla Fattoria ha vinto l'uomo che non si espone, quello che se ne sta calmo, che ha i suoi problemi ma non si lascia guidare da essi. L'homo pater, che difende i deboli gomorriani, che fa da paciere nei conflitti dell'isterismo. 
Al GF9 vince non tanto lo straniero con la storia commovente, ma lo straniero che non vuole che la sua storia commovente diventi l'unica cosa che lo caratterizza. Ha vinto l'homo integer, quello che non si scompone, che non fa casino, che si gioca le sue carte sommessamente, si fa le sue storie, dice qualcosa ogni tanto. 
Ha vinto la rassicurazione, ha vinto la speranza di una ripresa di una certa sobrietà, ha votato un'Italia esaurita. 

lunedì 20 aprile 2009

pastorale notturna

Più o meno, dal bollettino parrocchiale di Gorgonzola (courtesy of Linda): l'unica cosa [importante?] che un uomo possa fare per i suoi figli è amare la loro madre.
Interessante. Almeno in due direzioni: 
1) in senso quasi hegeliano, l'amore paterno non ha a che fare con la prole, che una volta nata seguirà il corso della vita dello spirito della storia e tutto, lasciando solo il nucleo padre-madre all'inesorabile destino del tempo, perciò tanto vale che il Mister non si scomodi tanto, che i figli son piezz'e core sì, ma... Psicanalisti sbavano. 
2) in un senso quasi matematico, si suppone forse che l'affetto abbia una proprietà transitiva, del tipo 

se PADRE ama MADRE e MADRE ama FIGLI allora PADRE ama FIGLI

Ma l'amore non gode della proprietà transitiva, nella realtà: che questo sia un tentativo di  giusto connubio fra scienza matematica e fede? O soltanto una retorica di genere? 

Riflessioni. 


giovedì 16 aprile 2009

xxx

Metabolizzati gli x-inediti, ne parlerei.

Premetterei che la presenza di Mogol, aldilà della spettacolarità della presenza, è stata, a mio parere, assai inopportuna: i suoi giudizi riflettevano l'esperienza di un cantautorato del secolo scorso, in cui la linearità del testo era un valore, funzionale alla trasmissione del messaggio. 
Così da trovare inutili le rimostranze grammaticali sul testo di Jury, quando invece «lascia cadere il vestito e la sera» è molto più efficace di «lascia cadere il vestito stasera», perchè la finalità del testo è diversa da quella che Mogolo gli avrebbe dato, se avesse dovuto scriverla lui, magari per un Battisti, che avrà sicuramente avuto un romanticismo musicale adatto al suo tempo. 

La sistemazione di Jury accorpa in maniera poietica le figure della sera e del vestito, accomunate dall'atto della caduta. Bravo Jury! Ma questa è l'unica cosa che mi è piaciuta dell'inedito del bresciano, che per il resto è del tutto simile alle musiche che gli hanno fatto cantare o che a lui piace cantare, da Drops of Jupiter a Chariot a Wherever You Will Go. Non mi ricordo nemmeno il titolo. Il problema è che ce lo avevano venduto un po' meno melody.

Passando a Daniele Magro, il suo testo è interessante,  altrettando ripetitivo, ma un ottimo tormentone estivo, seguendo la logica giusyferreriana.  Pensavo arrivasse alla finale, ma come ha detto la Ventura, è pronto per fare a meno di X-Factor. Non nascondo che mi è sempre stato un po' antipatico (vedi il post precedente), perché personalmente sono un po' stufo di voci artificiose, tirate a lucido con la carta vetrata, graffianti per essere graffianti. Quindi per me è proprio un No, il suo pezzo, nel complesso. Ammiro però la caparbietà nel preservare il cliché che si è creato intorno a lui. 

La canzone bastarda dei Bastard Sons of Dioniso è finalmente giunta a noi. Forse l'arrangiamento musicale è scontato, fors'anche un tantino mutuato dai Kiss, come ho potuto più volte riscontrare nei vari forum iutubbiani, ma il testo rende giustizia al loro talento; potevamo aspettarci di meno da un gruppo che ha rinverdito un pezzo del Cinquecento? «Lo sguardo a volte ha fame, vuol saziare l'appetito», ha un che di evocativo, e sterile è la polemica sulla scelta stilistica fra anima e animale, polemica di un Morgan all'orgasmo per essere seduto di fianco al suo Totem della composizione (che fino a qualche anno fa non conosceva, o ripudiava). Sterile anche perché, se ci si pensa, sarebbe facile andare in fondo all'animale, ma che mi dite dell'ossimoro «la tua bellezza sale fino in fondo all'anima»? Si sviluppa così L'Amor Carnale verso la musica.

Infine, Impossibile non parlare di Matteo. Solo a me sembra un incrocio tra Massimo Di Cataldo e Francesco Renga? Potrà mai essere una popstar? Chiedeva la Ventura qualche episodio fa. Mah, forse se duettasse con Youssou N'Dour o sposasse Ambra Angiolini. Certo può fare un remake de I ragazzi del muretto, ma non credo possa essere voce dei Timoria. Bando alle ciance, ha stancato molto questo suo inscatolarsi melodico da serenata e Serenase. Ha una voce a tratti particolare e buona, ma non la sa usare e spesso non si capisce cosa dice, con dissimulato smacco del guru ex novo della musica d'autore italiana, sir Marco Castoldi.


 

martedì 14 aprile 2009

il bello della diretta

Se fossi un giudice di X-Factor, queste le impressioni sulle prime due manche: 

@ Matteo: «Grazie per aver banalizzato un classico del melodramma come Caruso, rendendola un pezzettino da piano bar o da cantante per matrimonio. Complimenti anche a Morgan per la scelta che sempre più spesso capisce solo lui, e forse Rod. Un po' meglio i Led Zeppelin, un po' meglio.»

@ Jury: «Ok, sei arrivato in semifinale, vuoi solo cantare il tuo inedito. Spero solo che tanta aspettativa, che si crea dalla cazzimma con cui canti, sia poi ricompensata. Se sei stanco, vai a casa, non abbiamo più bisogno di vittime del televoto.»

@ Daniele: «Abbiamo ben capito che sei molto bravo a gorgheggiare, a fare il macchiato caldo con spruzzata di cioccolato. Eh? Cosa c'è di nuovo? Io non sento niente di nuovo. Come direbbe qualcuno al mio fianco, sei il gigione di te stesso.»

@ The Bastard Sons Of Dioniso: «Ragazzi, un consiglio: dato che ormai avete fatto vedere chi siete, o cosa sapete fare, lasciate pure il programma, non ne avete più bisogno. E tornate a fare le cose che vi piace fare. Rischiano di farvi diventare macchiette.»

Così, per gioco. Si attendono gli inediti. Curiosità. 

l'amleto della volontà

«(...) che ad una certa si arriva ad esserne stanchi, di essere quello che si é, come si è, come agli altri piace che tu sia, come ti piace essere per piacere agli altri, come altrimenti non puoi essere, come hai scoperto di saper essere, come sei diventato per essere quello che sei ora, dove sei ora, con chi sei ora. Non puoi decidere di essere diversamente, di non essere come gli altri sono abituati a vederti, come tu sei abituato a vederti, non puoi assumere un atteggiamento fittizio, artificioso, essere come non sei per provare ad essere altro ferisce chi ti vuole bene, chi vede e sa che non è vero, ma non sa perché non lo è, perché tu non vuoi farglielo sapere. Funziona semplicemente che ad una certa ci si stanca di tutto questo, di questa continua tensione tra essere e non voler essere, tra risultare (...)»

lunedì 13 aprile 2009

diet coke

Natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi.
Pasquetta pure. 

Amici vuol dire cibo. 

La quaresima, per me, inizia domani. 

domenica 12 aprile 2009

not another gay movie

Stasera si è andati a vedere Diverso da chi?

«Not another gay movie», mi verrebbe da dire. È vero, il protagonista (un sempre più sorprendentemente abile Luca Argentero) è gay e vive con il suo compagno (un forse rischiante Filippo Nigro) e la solita famiglia allargata (à la Ozpetek)(1). La storia è stata raccontata da sempre: la candidatura a sindaco, e la collaborazione che ne segue con la furia centrista (Claudia Gerini, perfidamente adorabile); l'improvvisa attrazione fra futuro sindaco e vice, la dialettica fra famiglie, una concezione tradizionale e una concezione, per opposizione, moderna (2). 

Ma non è un film prettamente gay. È un film che parla dei meccanismi della politica, forse svecchiando certe retoriche da fiction salvifica. Parla della politica com'è diventata, della grande macchina della comunicazione. Parla della possibilità che convivano modernità, tolleranza, differenze (rappresentate dal candidato) e tradizione, valori, protezione (la vice) nello stesso programma; parla dell'inutilità degli estremismi, della non-necessità di una plateale manifestazione della vita privata a manifesto della vita politica, della polis; parla del bisogno di ridefinire i concetti più vetusti, almeno nel loro utilizzo di campagna. 

Un film che, se non si pensa più al fatto che abbia al centro vite gay (3), diventa sottile e fine, delicata satira dei meccanismi della rappresentanza, e un pizzico denuncia del fare male la politica, che non è più la res politica, ma la res politicorum.



(1) È da pensare che la tradizione inaugurata da Ozpetek abbia un esplicito fine politico? Sensibilizzare e rendere abitudine, questa è la missione. 
(2) Guarda un po' l'archetipo della contrapposizione sociologica fra tradizione e modernità...
(3) Ogni progetto sarà compiuto solo quando questo succederà, che si racconterà: «è un film in cui un uomo tradisce il suo compagno con una collega...»

mercoledì 8 aprile 2009

la logica dello strumento

F*Buddy - Tutti abbiamo dei vuoti da riempire, ma se non facciamo spazio, nessuno potrà mai venire a riempirli. Così accanto a bisogni di riempimento emotivo compaiono esigente di svuotamento fisico.

marx

É bello avere un valore di utilità. Essere utile. Fa sembrare che ogni tempo nullo si riempa d'improvviso, dando quel consiglio, o quel sostegno, o quell'orecchio ascoltatore o occhio lettore. Sentirsi utile per qualcuno. L'altro grande bisogno, l'altra grande debolezza.