mercoledì 10 febbraio 2010

diaspora

La lontananza è l'essenza delle mie relazioni. Le persone che amo sono sempre lontane, perché sono loro stesse lontane rispetto al qui, o perchè io sono lontano da loro quando sono in qualche là.
Anche con le persone che mi sono spazialmente vicine, per cui cade la necessità di decidere se interagire con loro o meno, io metto qualche distanza, e l'unico modo per trasformare una distanza nulla in una distanza positiva è aggiungere lo spazio del silenzio, non farsi sentire, negarsi per qualche tempo, può essere un giorno, una settimana, un'ora soltanto.
Forse per questo io ricerco la distanza, perché in essa trovo ciò che alimenta il mio amore, il mio affetto, e allo stesso tempo nell'estensione dello spazio fra me e loro io posso rimanere me stesso, quel me stesso che ricerca imperterrito una qualche forma di solitudine, di pace del sé. di distacco da un'emotività altrimenti troppo profonda. Io ho bisogno di amare nella distanza, perché fondamentalmente sono un essere diasporico, che cerca la partenza.
Ma quando partire è solo partire, o magari scappare?

mercoledì 3 febbraio 2010

così non va ancora bene

Queste, davvero, devono smettere di essere notizie. Come può interessare se un personaggio pubblico è o meno dichiaratamente x-sessuale? Posso capire che tutto ciò possa essere valutato in un'ottica di militanza, di contributo allo sdoganamento e alla decostruzione di alcune barriere mentali all'accettazione. Ma tra accettazione e riconoscimento ce ne corre, e non sarà il coming out di qualche personaggio famoso a fluidificare alcuni processi di riconoscimento (culturale, giuridico e via dicendo). D'altra parte, il c.o. di alcuni è spesso solo un motore in più di notorietà, non tanto un veicolo di affermazione delle identità sessuali di molti altri meno noti o ignoti, nemmeno quando venga associato ad una tristezza infinita esistenziale.
È il caso di separare il gossip dalla militanza, di capire cosa fa lotta e cosa fa salotto.