martedì 29 aprile 2008

à la page

«Forse farebbe meglio a smettere di suicidarsi, la cosa finirà male. Cerchi... non so... di incontrare della gente, di ascoltare un album dei Clash, di innamorarsi...»

(Martin Page, Come sono diventato stupido, 2001, p. 31)

sabato 26 aprile 2008

camminare berlino

L'unico modo che ho di conoscere un luogo è quello di camminarlo. Di percorrerne le strade, quelle più fluide, quelle più improbabili, le più strette, le più vaste, le vasche, quelle di sole case, quelle di soli negozi, quelle storiche, quelle che sembrano non essersi mai affacciate sulla storia, le strade. Camminarle, muoversi attraverso, a piedi in treno in metropolitana in autobus in gruppo da soli in coppia, spingersi stanchi ma decisi verso quella piazza, no quell'altra, giriamo di qua, potremmo iniziare da qui, la U-Bahn direzione Osloer fra 2 minuti, un Kurzzug mettiamoci in mezzo alla banchina, questo è corto, oggi abbiamo preso solo treni corti, facciamo il giornaliero per gruppi per oggi, ci conviene, quanti cambi dobbiamo fare?
C'è un altro modo che ho di conoscere un luogo, è quello di viverci. Si ritorna con una vigorosa consapevolezza, sapere che hai lasciato poche ore fa la tua città, la terza volta che la raggiungi, che ti ricongiungi, non sembra mai così strano, sembra anzi normale, come se non avessi mai fatto altro, come se abitassi da una vita a Pankow o a Friedrichshain, come se Rathaus Spandau fosse il capolinea che da anni vedi scritto sul tabellone della metropolitana, come se non avessi mai fatto altro che vivere in quella città.
Finire in un quartierino per caso, colpa di omonimie toponomastiche, e scoprire "Che bello". Commissionare alla compagna di viaggio munita di macchina fotografica e di zelo documentarista di fotografare tutti i cartelli "Wohnungen zu vermieten" sui palazzi dei quartieri più passionali, gli appartamenti in affitto, le zone; fare volentieri un ripasso del centro per gli amici che arrivano la prima volta nella vita, lo Zoo, la Ku'Damm, il Dente Cariato, e poi la mitica linea panoramica 100 fino al Parlamento|Reichstag, poi la Brandeburger Tor e Potsdamer Platz, i pezzi di muro, Alexanderplatz (anch'io voglio familiarmente chiamarla solo "Alex").
Tutti i sensi sono coinvolti, sei ricettivo al massimo: gli odori di Berlino, fra Asia Snack e Bratwurst, Currywurst, cemento e odore di moltitudine metropolitana. Il rumore dei cantieri, di una città in eterna (ri)costruzione, in eterno adattamento, e a fianco immutabili isole di persistenza. La vista che si posa sulla grandezza e sul dettaglio, e il sapore delle cose "alla tedesca", accostamenti di carne e frutta e chissà cos'altro, ma funziona. funziona sempre...
E le mani? Le mani sono tutto, quello che tocchi porterà parte di te dentro, nella sua esistenza. Ogni posacenere, ogni tavolo di bar, ogni pulsante per aprire le porte del treno, ogni persona sfiorata nella folla.
Una città che è come un panetto di gomma pane, si lascia affondare e mantiene le tracce.

Una città in cui ritrovarsi. Ti chiedi cosa fai di nuovo qua, e perché. Ti chiedi se non sia possibile... ma poi sognare così?... dovrei prima... E via dicendo. Solo una città come Berlino può penetrare così nella tua mente, da mettere tutto in discussione.


«La cosa più dura: tornar sempre a scoprire ciò che già si sa.»
(Elias Canetti, La provincia dell'uomo, 1978)



martedì 22 aprile 2008

classismo e pregiudizio

Lascio il Belpaese con una notizia che ha del vergognoso.

Piccola Italia dalle Grandi Passioni Apatiche.

Au Revoir

lunedì 21 aprile 2008

east side gallerie

» TRIBUTO A BERLINO »

«Berlino è una città condannata per sempre a diventare e mai ad essere.»
(Karl Scheffler, 1910)

La prima volta che andai a Berlino correva l'anno 2001, credo fosse il quarto anno di Liceo. Fu un grande tour, in pullman, da Milano la prima tappa a Norimberga, la gotica, spaventosa, kantianamente sublime Norimberga. Era un luogo a me conosciuto, e quella era la terza volta che finivo nella città dell'anello. E del processo. In questi periodi di malvagità, niente sembra più attuale della banalità del male.

Berlino arrivò il giorno dopo, e mentre il pullman percorreva l'arteria verso il cuore, verso la Porta - occasionalmente vestita di un telo che ne riproduceva le fattezze storiche, obiettivo di un lungo restauro, la vidi, la città del Muro, un cantiere perenne. La prima cosa che pensai fu che la bellezza di Berlino era un sentimento futuro, qualcosa ancora da venire, frenato dal peso di un passato di cui si prende consapevolezza e responsabilità. Berlino sapeva e sa di essere Berlino, e tutto quel vetro e cemento che si innalza verso l'alto sa di adorabile via di fuga dalla colpa.

«Berlino è piuttosto una parte del mondo che una città.»
(Jean Paul)

La grandezza di una città non si misura in kilometri, per quanto Berlino ne abbia da vendere. La grandezza è una condizione stessa dell'esistenza di Berlino, qualcosa che senti nell'aria. Che ti scorre nelle vene mentre prendi l'U-Bahn, mentre aspetti un autobus alle 3 di notte, mentre cammini lungo il Ku'Damm, o ti capita di passare una serata in una Kreuzberg. Berlino è Grande nell'afflato che la pervade, è il suo destino. Si sente.

«Parigi è sempre Parigi e Berlino non è mai Berlino!»
(Jack Lang)

Solo nel cambiamento continuo una città può rimanere se stessa, senza tradirsi. Perchè quello che resta, che resiste, che permane è il suo spirito. Questa è metafisica urbana. Le regole del cambiamento non si esplicano, ma sorgono dal tessuto urbano come necessità. E la forma non è che un adattamento.

«Io ho ancora una valigia a Berlino. (Ich hab noch einen Koffer in Berlin.
(Marlene Dietrich)

Ogni ritorno da Berlino è solo una parentesi prima di un ritorno a Berlino.


«Gente del mondo... Guardate questa città! »
(Ernst Reuter, sindaco nel 1948)



ultimi atti | sociologia della performance

«La colpa e la miseria si sottraggono, per naturale istinto, agli occhi del pubblico, amano l'isolamento e la solitudine, e, persino nella scelta di una tomba, s'appartano talvolta dalla generale popolazione del cimitero, quasi rinunciando alla solidarietà della grande famiglia umana, e desiderose (secondo la patetica espressione di Wordsworth) di "umilmente esprimere | una solitudine penitente".
Ed è bene, nel complesso e nell'interesse di noi tutti, che sia così...»

(Thomas De Quincey, Le confessioni di un mangiatore d'oppio, 1856)

Ci sono premure che non vengono chieste, e sono quindi da considerarsi violenze, e attenzioni che non si desiderano, siano esse positive o meno. Se poi capita che siano attenzioni di natura spregiativa, negative nel loro compiersi, spesso queste passano il segno e divengono incontrollabili, e chi ne è l'autore e l'attore, si lascia conquistare dalla parte a tal punto da intraprendere azioni che hanno senso solo se pensate all'interno di un frame drammatico, o meglio psicosociodrammatico. Non ho mai visto il tutto da questo orizzonte teorico che va sotto il nome di "paradigma della performance" (vedi un lavoro a riguardo), che sta prendendo piede.
Tutto sembra essere una sapiente recita, sotto forma di rituale, resta da capire se io sia nella fase liminale, che presuppone un ritorno, seppur sotto forma diversa, alla tribù da cui sono stato estromesso, o se sia il caso di teorizzare un quarto tipo di passaggio, quello definitivo verso l'esterno.
Non più riti di iniziazione. ma riti di marginalizzazione, di esclusione. È da considerare che anche l'esclusione sia regolata da rituali.
Niente di nuovo, nemmeno il dolore.


questioni di cittadinanza

Anche in Cina un Mattia Pascal.

Storie di una certa (id)entità.

E fuori piove.

giovedì 17 aprile 2008

lo specchio

(...) se lo sentiva, non sarebbe successo, non avrebbe dovuto prendere l'ombrello. Lui odiava gli ombrelli, tutto quel tintinnare di gocce sul tessuto lo innervosiva, e i pantaloni si bagnavano lo stesso; ma la soddisfazione di camminare con i capelli imbevuti d'acqua sporca è sempre troppo forte, irresistibile, è come se ti piangessero addosso e ti scegliessero come consolatore superiore. Non sceglieva mai scarpe adatte al tempo, perché i calzini potessero inzupparsi ed emanare quell'aura di cane bagnato che le persone per bene detestano, quelle stesse persone che si imbellettano al mattino, ad uno specchio che altrimenti restituirebbe un'immagine irriconoscibile, da non riconoscere, forse perché vera. Amava gli specchi, perché nessuno può sfuggire alla superficie riflettente. Lo specchio è il vero livellatore, tutti siamo uguali dinanzi a lui. La sua soddisfazione era pensare che a differenza di molti altri, la sua immagine riflessa sarebbe sempre stata identica a quella che si era costruito in testa. Non sapeva se chiamarla sincerità, onestà o se affibbiarle un'altra etichetta. Ma mentre camminava sotto la pioggia, fissando i passanti immaginava di chiedere: «E tu, quando ti guardi allo specchio, cosa vedi? Chi vedi?». Perché il suo libro preferito era Il ritratto di Dorian Gray, e aveva imparato che bisognava vivere in soffitta insieme al proprio quadro, e ogni giorno riadattare i lineamenti, rinfrescare la pittura (...)

martedì 15 aprile 2008

who cares?

Inauguro una nuova rubrica, che dimostra la necessità (che mai smetterò di promuovere) di tornare a criteri di rilevanza personali e soggettivi.

Sembra che Shevchenko usi il perizoma.

Un bel Echissenefrega a tutti!

la scelta, la valigia e grazie di tutto, davvero

Ehi, cosa è successo? È davvero successo?
Aspetta, non è possibile! Avevano detto che si poteva fare!
E ora, dicono: «Ha vinto l'Italia reale, l'Italia che vuole le Riforme».
Ma a me sembra che abbia vinto il Paese Che Non Vuole Cambiare.
Tre volte Presidente, è un cambiamento?
Le persone, soprattutto in politica, poche volte mutano il loro modo di agire, soprattutto se si dà loro l'occasione di essere al Potere così spesso.
E poi, sbagliano tutti a usare le parole: bipolare forse è diverso da bipolarista. "Bipolare" è una sindrome psicologica, andate a leggere (disturbo bipolare e dettagli).
Aspetta, io ho letto: forse l'Italia è proprio bipolare...
Mentre gli arcobaleni si spengono, e tutto è extra, dentro chi resta? Un coacervo, un consesso di psicopatici.
Devo andare a rinfrescare il bagaglio; in questo tempo non c'è fine al mio peregrinare?

Quanti esili, quante strade deve percorrere un uomo?

giovedì 10 aprile 2008

voto dis

«Qual è allora la pensata? È che sapendo usare il voto disgiunto tra le due Camere ne possiamo ricavare un voto-rifiuto, un voto che puramente e semplicemente dice no. Mettiamo che al Senato io voti Veltroni e invece per la Camera io voti Berlusconi (o viceversa). In tal caso il mio secondo voto pareggia e cancella il primo. L'effetto sull'esito elettorale è zero. Però io ho votato, e quel mio voto esprime senza ombra di dubbio il secco rifiuto del Palazzo e della Casta. Si dice che come elettori siamo impotenti. Sì. Ma se, mettiamo, 10 milioni di italiani votassero così, allora saremmo potentissimi.» (Giovanni Sartori, su Corriere.it )

No, non me la sento.

Alla prossima p...ensata!

LSD

martedì 8 aprile 2008

intimo metropolitano

[...] dall'altra parte della città, ci metterò un'ora, allora non mi resta che uscire. Il passo è veloce verso la metropolitana - intestini ferrati - e il treno arriva subito, so già dove scendere, come non potrei saperlo? Le facce della mia gente mi accompagnano in questo viaggio transeunte, mi piace usufruire del trasporto intermodale, mi piace usare la parola intermodale. Scendo da un treno, su per la scala, di nuovo alla luce di un cielo che non promette bene, non promette e basta, è solo un cielo grigio come tanti altri, e sgocciola a lunghi intervalli, come casualmente. Il 27 è lì, lo prendo al volo e mi lascio accogliere nel suo ventre arancione e nero - intestini ferrati - mentre sfrigola scivola scroscia sulle rotaie di un'affascinante rete ferroviaria cittadina, percorre il lungo viale che dal Duomo passa davanti al Tribunale - prossima fermata: Vittoria Tribunale - e c'è una marea di gente, ad ogni fermata. Il cammino è lento, ma la velocità non è propria di questa esperienza, al contrario di quanto molti potrebbero pensare. Il fascino della lentezza, del percorso segnato, incastonato nel ferro marrone scuro di un binario che sembra uscire dal cemento con una discrezione elegante. Non si cambia direzione, sempre dritti, Porta Vittoria è piazza di storia. Chissà perché, penso, si chiamano "arterie", questi raggi che dal centro tagliano la città a spicchi; come le arterie portano sangue pulito al cuore? Mi piace essere d'accordo con la mia città. La mia città che non mi giudica, la mia città che mi sa dire sempre dove andare, la mia città che in un'ora sei dall'altra parte. Prossima fermata: XXII Marzo Umbria, Largo Marinai d'Italia; chi ha detto che Milano non ha verde? Ogni piazza è un polmone, una fontana, un monumento di aria. Qual è il numero degli alberi? Dio solo sa se questa città ha alberi, ma ne ha, respirano il grigio e liberano il verde. La lunga strada verso il pranzo è dritta, fino al limite dell'oceano metropolitano, cambierà nome ancora una volta, ma sarà sempre quella traiettoria dal centro in fuori. Un'impercettibile virata a destra, rumorosa - intestini ferrati - per immergersi in una via larga quanto un viale, un'autostrada: questa è la mia città, larghezza, ampiezza, e poi improvvisamente, dietro un angolo, stretta piccola rassicurante. Prossima fermata: Mecenate Fantoli, sono arrivato, lì qualcuno mi aspetta. Il viaggio è solo a metà, questa è solo l'andata. Mi urlo dentro quanto amo questa città, anche solo per il fatto di essere sceso dal tram chiedendomi: dove sono? Tutt'intorno ha iniziato una pioggia che sa di oltremanica [...]


«Sì, Milano è proprio bella, amico mio, e credimi che qualche volta c'è proprio bisogno di una tenace volontà per resistere alle sue seduzioni, e restare al lavoro. Ma queste seduzioni sono fomite, eccitamento continuo al lavoro, sono l'aria respirabile perché viva la mente; ed il cuore, lungi dal farci torto non serve spesso che a rinvigorirla. Provasi davvero la febbre di fare; in mezzo a cotesta folla briosa, seducente, bella, che ti si aggira attorno, provi il bisogno d'isolarti, assai meglio di come se tu fossi in una solitaria campagna. E la solitudine ti è popolata da tutte le larve affascinanti che ti hanno sorriso per le vie e che son diventate patrimonio della tua mente.»
(Giovanni Verga)

lunedì 7 aprile 2008

dici pizza?

dal nostro inviato

La Lista DC di Pizza rinuncia a correre per non far slittare il voto. Un voto che sarebbe slittato in quanto la lista DC è da subito apparsa sdrucciolevole e friabile, instabile come un minestrone vecchio di una settimana che viene riscaldato e si sbriciola come fosse liofilizzato.

Che poi i tempi per presentarsi nella corsa erano ormai scaduti, perchè rinviare il voto in nome di una rappresentanza mitologica? La procedura è procedura.
Una mitologia che si rinverdisce con le parole «per il bene del Paese».
Deo Gratias, gratis. Una campagna elettorale che, visti i tempi, non può che essere di testimonianza, afferma Pizza. Decidere insieme, rimarrà il simbolo, lo scudocrociato, ma già all'estero si vota su schede senza scudocrociato. Rifare le schede? Punto forte di minoranze oppositive.

Ci sono conflitti che non costruiscono alcunché.

Banalmente, che Pizza!

- LSD -

domenica 6 aprile 2008

assenzio nero (mitopoiesi metropolitana)

Milano

Il primo sorso, già la testa gira, forse è merito anche di un intruglio esotico alcolico ingurgitato a contorno del buffet dell'ora felice metropolitana, e del whiskey bevuto senza pagare in un irish venato di odori da ritirata, ma al secondo già serve l'acqua che ti servono di default, quando ordini l'inchiostro dei poeti, sa di liquirizia e anice, è come quello solito, ma scuro e aromatizzato, se lasci passare due minuti fra un goccio e l'altro già l'esofago canta di fuoco, bevi ancora un po' d'acqua, è meglio, al terzo le parole hanno perso il loro afflato, calendo cadando e altre balbuzie e distorsioni, ma il quarto ti consola di risate dalla capannina dei tuoi amici davanti ad un luogo che non riconosci, che non conosci, e che porta un nome magico, come magico, al quinto sorso, è rendersi conto che tutto ciò accade, un altro sorso d'acqua per disinnescare l'atarassia dei neuroni, e sai formulare, almeno in testa, «poiesi», e digitarlo e inviarlo, perché non venga persa una parola che è anche un sentimento, e che come emozione è solo da condividere, perché possa generare tutta la sua luce, e rifletterla nel nero di un sesto sorso, un settimo, questo oscuro signore degli alcol sembra non finire mai, riprodursi nel bicchiere, provoca un misto di desiderio e ripulsione, ma l'acqua lava via, ancora una volta, i sentori della combustione, per fortuna hai appena mangiato una crepes nutella e amarene, ricordando l'amarena e soda al chioschetto della Villa del paese. «Poiesi», ti dici, mentre sgocciola l'ultima traccia di assenzio nero nella gola. Luce!

giovedì 3 aprile 2008

questo passa dal convento

Ennesimo esempio dell'arte di perdere tempo in Parlamento, o anche in casa, insomma, arte che sembra sempre più tutta italiana, che suscita orticarie ideologiche e vezzosi risatine di rassegnazione. uh!

«Il mio punto di vista è semplice. Prima di tutto, a mio giudizio - dice Binetti - esiste una dimensione che io considero più legata alla sviluppo ordinario di una persona, che è quella dell’amore e della sessualità che è più squisitamente eterosessuale perchè la complementarità biologica, la complementarità con cui ognuno di noi raggiunge la pienezza della sua maturità ha questa come strada maestra. Questa è la naturalezza, se si vuole considerarla anche statisticamente parlando». (La Stampa, 03.04.2008)

Non voglio fare facili battaglie - se non sono difficili, che gusto c'è?
Credo che fino ad un certo punto il ragionamento sia giusto, no? La complementarità per lo sviluppo, per-fectum, completato, attraverso anche lo scambio dell'amore, del piacere e via dicendo. Ma quale motivo per precisare che utto ciò sia "squisitamente eterosessuale"? Per non dire "prerogativa"?

Ribatte Grillini:
«La senatrice del cilicio Paola Binetti ha detto finalmente la verità sulle politiche del Pd sui diritti delle coppie di fatto e i diritti delle famiglie omosessuali. In caso di vittoria del Pd Pacs, Dico, Cus, non sarebbero mai approvati perché il Pd non solo rielegge la senatrice che ha votato contro la fiducia al Governo di centro sinistra cancellando così le norme anti-omofobia, ma porta in Parlamento centoventi parlamentari clericali che, al pari della Binetti, non voterebbero mai le timidissime proposte presenti nel programma del Pd a proposito di diritti civili e contro le discriminazioni ai gay». (Corriere della Sera, 03.04.2008)

Le vere intenzioni del PD sulle politiche in materia di coppie di fatto... Forse bisogna diffidare anche dal Progresso, dalle sorti progressive dell'umanità. Chi diceva che il vero progresso è non credere nel progresso? Eh, ma sembra troppo facile, ce lo servono sul piatto d'argento questo non-progresso...

Il tutto è scoppiato dopo le dichiarazioni del comandante Del Vecchio, che ha definito gli omosessuali "inadatti" all'esercito. Ci sono due modi di rispondere ad una affermazione del genere: 1) d'accordo, quindi vedi Binetti, perché l'esercito si sa che è "squisitamente eterosessuale", e la leva, chi la fa è un vero uomo, completo, pieno, perfetto, viva la Patria!; 2) who cares? ritorniamo a criteri di rilevanza personale, poniamo per assurdo che gli omosessuali siano "adatti" (a volte hanno più prestanza fisica, tutti sanno che fanno palestra, sono magri, mangiano bene, ecc... - ah, forse non serve quella, forse l'esercito è organizzazione parapostolica per la riproduzione della specie Homo Aliquid?), no non ce la faccio a ragionare così, per assurdo.

Qui si è inadatti, perché si è pacifisti, vegetariani, femminucce. La solita bagarre da parrucchiera per signora. Gian Luigi Davide, aiutaci tu.

- Lo Scrutatore Delirante - LSD

mercoledì 2 aprile 2008

bitter sweet symphony

...auricolari nelle orecchie (e dove sennò?) il cielo è grigio oggi ma non sembra influenzarmi avvio la musica, mi serve 'cause it's a bitter sweet symphony this life ascolto camminando nel primo mattino e quando dico "primo" intendo proprio questo no change, I can change, but I'm here in my mould come uscirne? eppure l'autobus arriva puntuale oggi non ho voglia di camminare e le coincidenza accadono puntuali come attese
è molto presto quest'oggi per non incominciare a vivere but I'm a million different people from one day to the next a lunghe falcate, introdursi nel supermercato appena aperto portarsi avanti con la spesa programmata per domattina ma questa mattina è tutta mia è tutta nostra è di chi quando si alza dal letto che sa di sonno va a fare pipì e guardandosi allo specchio riesce ancora a leggersi negli occhi senza vergognarsi I let the melody shine, let it cleanse my mind, I feel free now riesce ancora a guardarsi in faccia pensando alla sera prima quante volte ancora non lo so può essere anche molto lunga questa passeggiata per strade di vita notturna have you ever been down? intanto ci penso alla sorgente della felicità non permetterò che venga presa ostaggio di facili recriminazioni 'cause it's a bitter sweet symphony this life...