giovedì 4 settembre 2008

l'assorbenza

«...porta e lo vide finalmente, di fianco all'amico. Era alto, tanto quanto, forse poco più, ma molto probabilmente della stessa altezza. Il viso allungato era racchiuso, come si dice nei romanzi, da capelli castani chiaro, leggermente ondulati, non lunghi, più corti che lunghi, e una barba incolta, come un leggero segno, un alone. Gli occhi chiari, sul verde con un po' di marrone (li aveva notati salutandolo sulle guance) erano vivaci e allo stesso tempo molto sereni, ci si perdeva nella loro acquosità (era l'unica parola che le venisse in mente). Le spalle erano larghe, e il torace ampio, era pieno senza essere scolpito, era pizzicabile (a detta dell'amico!), morbido di fianchi, senza che straripasse: insomma, era pieno, importante, umano. Aveva anche quel profilo addominale da birra e junk food che dona sostegno e appoggio, e fa sostanza. Tutti dettagli che si potevano intuire dall'abbigliamento: jeans e camicia (ma probabilmente, di giorno, jeans e polo, jeans e maglietta). Una camicia che faceva intravedere anche un certo pelo, sulle braccia, sul petto. Armonico. Li fece entrare, perchè bisognava approfondire la conoscenza di fronte ad un buon bicchiere. Mentre l'amico si intratteneva con il compagno dell'amica, lei interrogava discretamente il nuovo venuto. Scoprì che faceva il geometra di cantiere, ma che prima aveva lavorato in banca per un po'; si era laureato in ingegneria un paio di anni prima...»

Nessun commento: