domenica 28 settembre 2008

riflessione semiseria sulla morte delle ideologie

Mi è successo, ieri sera, di assistere a "Un giorno in pretura", programma di divulgazione processuale, in particolare la seconda parte del processo a Wanna Marchi e Stefania Nobile, nonché al Maestro Don Nascimento ecc... per le famose questioni che la democrazia di Striscia la Notizia ci ha fatto conoscere.
A sentire le testimonianze delle vittime, non riesco a non pensare che... No, non può essere l'ignoranza, come dicono le casalinghe di Voghera, a spingere queste persone a cacciarsi nel guajo vannamarchiano. Non può essere l'ignoranza, perché comunque fra le vittime ve ne sono anche di "studiate", e come ci insegna la statistica sociale (scusate il Dottore Magistrale) la variabile livello di istruzione non spiega in maniera esaustiva il fenomeno. Non sono vittime di mediocre posizione nella gerarchia sociale, o con bassi redditi. Altre due variabili, status e reddito, accantonate.  
Ma l'analisi della vittima è molto complessa, e quindi la tralascio. Mi premeva mettere in chiaro che non è il caso di blame the victim. Non sempre chi è causa del suo mal, pianga se stesso. 
Quello che accomuna le vittime del Trio Ascié è la debolezza. 
Sentite le testimonianze: in quel momento non avevo nessun altro aiuto, ero confuso, casualmente ho sentito alla TV, facendo così con il telecomando, o la mattina facendo il sugo... 
Analizziamo la situazione. 
Gli elementi sono tre: un aggressore motivato, il trio; un vittima designata, la persona in difficoltà; l'assenza di un guardiano capace, ché non si può proibire a Loro di trasmettere, se hanno permessi, concessioni e via dicendo la libertà di informazione e il diritto di recesso amen. Tre elementi che concorrono all'avvenimento criminale. 
Le vittime sono persone sole davanti alla TV. Wanna ha solo saputo cogliere l'attimo, con la certa drammatica viltà di quando, al banco dell'imputato, osa piangere la miseria di una vita. (Come ci ricorda Matteo B. Bianchi in Generations of Love, siamo tutti cresciuti, noi degli Ottanta, con le grida di Wanna e l'asma di Roberto, il fascino della drammatica potenza di personaggi tra il popolare e il divino!).
Come ogni criminale razionale, ha calcolato il beneficio e l'opportunità.
 

La Parte Civile afferma, più o meno: non diamo la colpa a chi ha contattato la Marchi, la Nobile e il Maestro, non diciamo che "chi è causa del suo mal, pianga se stesso"; il Legislatore, quando ha definito il reato di truffa, ha voluto tutelare queste persone, queste persone che, in quanto deboli, o in momenti di difficoltà, è più facile che cadano nell'inganno. 

Non stiamo a dire che sono ignoranti, o sceme, e quindi credulone. Pensiamo invece che tutto questo ha a che fare con il Male. 

La genialità del Male.

giovedì 25 settembre 2008

il raduno

E così, era lì, a raccogliere e radunare le sue cose, sempre meravigliandosi di quanto si possa accumulare in pochi mesi, anche in un piccolo spazio come quello. Raccoglieva con lentezza, con lentezza decideva cosa mettere dove. In che sacchetto, in che scatola, in quale valigia (l'unica che aveva). Scopriva di avere libri che non pensava di aver portato con sé.
Tutto rallentato, dopo il risveglio dei bagordi. 
La sera prima aveva subìto il rituale del distacco, come un Santo alla fine della Processione. Un rituale carico, improvviso, e salvifico: aveva così confermato le presenze, confermato l'esistenza, ovunque questa si fosse dispiegata in futuro, oltre lo scandalo della morte, della scomparsa, del non. 

giovedì 18 settembre 2008

fogli di un autunno imprevisto

E se restasse? Se anche solo tornasse, dopo una pausa? 
Le opportunità, al margine del foglio, sembrano più numerose. Quel foglio, su cui non sa se saprebbe ancora scrivere qualcosa di importante. Sono fogli lasciati a macerare, quel che è scritto resta lì, se vale la pena che venga letto. Sa rileggersi a tempo debito. Sono poche pagine, quelle che lascerebbe, e sempre pronte a uscire dalla risma, per farsi rivedere. 
E se restasse? Come sarebbe? 
Non può certo immaginarlo, né prevederlo. Può solo pensarlo. 
Pensiero della stabilità, in una realtà in cui non pensava si sarebbe ritrovato bene. 
Se anche solo tornasse?

You're kidding yourself, you're going nowhere, but you're going there fast.

giovedì 11 settembre 2008

la particola

Trovo vagamente imbarazzante per il genere umano intiero la retorica della fine del mondo che si è scatenata in questi ultimi giorni in concomitanza con la pubblicizzazione delle attività del CERN di Ginevra. L'acceleratore di particelle costruito in 20 anni, l'esperimento per riprodurre il Big Bang e simili amenità. La storia del buco nero che inghiottirà la Terra se qualcosa dovesse andare storto (considerando che sarebbe comunque l'Isvizzera la prima vittima di ciò, poco male), e menate varie, ma più di tutte la storia del bosone di Higgs o "particella di Dio", in grado di dare la massa alle cose. 
Ho trovato seriamente eccessive le preoccupazioni degli scettici e dei creazionisti in primis riguardo al demone della Scienza che si ritorce contro l'Uomo del Progresso Scientifico o cose così. Considerando che non si sta tentando di riprodurre il Big Bang, e anche fosse ciò avverrebbe in situazioni di estrema microinfinitesimezza controllata ad hoc. Considerando che non è che le cose vengono fatte così, per la prima volta, ci sono state prove e prove. Considerando che il buon esito dell'esperimento si rivelerebbe grande inizio per lo studio e l'utilizzo di alte energie. Considerando che perchè ci sia un buco nero, devono collassare cose molto più importanti. Considerando che nel caso si riproducesse il Big Bang ci sarebbe della Creazione, e non un Buco Nero. Altrimenti sarebbe vero che veniamo dall'annullamento...

mercoledì 10 settembre 2008

la materia concorrente

Ecco dov'era finita la gioventù della Città. 348 candidati per 15 posti in un esame di preselezione per un concorso pubblico. La mia prima esperienza a riguardo. Ecco dov'erano finiti i giovani metropolitani (e provinciali), tutti a cercare il posto pubblico fisso, a credere alla promessa di 24 mesi di contratto ben remunerato. Le ultime spiagge, le prime opportunità. Ecco dov'era finita la crema della movida, a studiare lo Statuto della Regione. Ma 15 posti sono pochi per non essere un numero così, a caso, di facciata. Lo scetticismo del giovane metropolitano che non sa se deve o se vuole tornare. La difficoltà di riprendere Milano.

giovedì 4 settembre 2008

l'assorbenza

«...porta e lo vide finalmente, di fianco all'amico. Era alto, tanto quanto, forse poco più, ma molto probabilmente della stessa altezza. Il viso allungato era racchiuso, come si dice nei romanzi, da capelli castani chiaro, leggermente ondulati, non lunghi, più corti che lunghi, e una barba incolta, come un leggero segno, un alone. Gli occhi chiari, sul verde con un po' di marrone (li aveva notati salutandolo sulle guance) erano vivaci e allo stesso tempo molto sereni, ci si perdeva nella loro acquosità (era l'unica parola che le venisse in mente). Le spalle erano larghe, e il torace ampio, era pieno senza essere scolpito, era pizzicabile (a detta dell'amico!), morbido di fianchi, senza che straripasse: insomma, era pieno, importante, umano. Aveva anche quel profilo addominale da birra e junk food che dona sostegno e appoggio, e fa sostanza. Tutti dettagli che si potevano intuire dall'abbigliamento: jeans e camicia (ma probabilmente, di giorno, jeans e polo, jeans e maglietta). Una camicia che faceva intravedere anche un certo pelo, sulle braccia, sul petto. Armonico. Li fece entrare, perchè bisognava approfondire la conoscenza di fronte ad un buon bicchiere. Mentre l'amico si intratteneva con il compagno dell'amica, lei interrogava discretamente il nuovo venuto. Scoprì che faceva il geometra di cantiere, ma che prima aveva lavorato in banca per un po'; si era laureato in ingegneria un paio di anni prima...»

giovedì 28 agosto 2008

intervista all'Autore

Autore: Sì, è vero. Il mio personaggio, o meglio il personaggio che ho creato... Beh, diciamo pure il mio personaggio, ecco, al mio personaggio capita questa cosa, che non ha una cadenza regolare, bensì, come dire, una cadenza accidentale, per quanto insomma possa essere accidentale una cadenza, ma così è, tipo gli capita ogni tanto di avere questo periodo, come si dice in inglese, the period, ha questo... questo "mestruo emotivo" (ride), sì, proprio così: cola emozioni, o cola emotività, sanguina emozioni ed emotività. Gli succede perché ha questo vizio, che poi è semplicemente una sua caratteristica, e però può essere anche un difetto, come può essere una cosa positiva, ha questa cosa che vive tutto così intensamente, che ogni cosa che vive a livello emotivo, o meglio, scusi, che vive ogni cosa a livello emotivo, e così ci sono dei momenti in cui si carica, per così dire, si carica e allora il suo corpo, anzi la sua anima, o comunque niente di fisico, ecco, deve in un certo senso spurgare (ride) e allora lui cola sentimenti, e lui non può farci niente, ha il mestruo emotivo, sì (ride).

Intervistatore: Non c'è proprio niente che possa fare? Non c'è uscita?

A.: È come dire che lui non può fare niente se non aspettare che passi. Come il mestruo vero e proprio. Poi passa. I tempi sono forse più lunghi, forse minori. Non c'è una regola. Anche perché lui, come si vede, non è che abbia dei metodi, e anche se ce ne fossero, non credo che li userebbe (ride) anzi, dato che l'ho creato io, le dico da subito che non userebbe alcun metodo. D'altra parte, non ci sarebbero assorbenti, no? (ride) È uno cui piace, in un certo senso, questo flusso di emotività, è vile in questo, molto vile, me ne rendo conto: lui crede così di essere vivo (sbuffa), o robe del genere, e chissà che non abbia ragione. Per questo si sente sempre in dovere, per così dire, di renderne partecipe le persone che ama. È una cosa molto fastidiosa, a mio parere.

I.: Eppure sembra che un metodo lo abbia trovato...

A.: A cosa si riferisce? Al gioco? Beh, quello non è un metodo, non è assolutamente un metodo (ridacchia). No, è tutt'altro, è come un mezzo che lui ha per sanguinare: a lui piace sanguinare, come dicevo, nel senso che non può farne a meno, lui accetta questo ciclo mestruale del Sé (ride) che dopotutto gli serve, forse, secondo me gli serve ogni tanto, lo mette di fronte a tutte le sue problematiche, a tutte le dimensioni del suo essere nel mondo, e soprattutto di fronte a tutte le non-dimensioni del suo non-essere, di quello che non è, che non è ancora e così via. Nessuno può bloccare il ciclo, credo.

I.: E il gioco, allora, che funzione avrebbe?

A.: Mah, il gioco che lui fa con le persone che ama ha del masturbatorio, in un certo senso, mi permetta. Lui va lì, e alle persone che ama chiede: immagina che una sera mi inviti a cena, io arrivo, tu apri la porta e siamo io e un'altra persona, logicamente si sta parlando dell'amore, della persona con cui fa coppia, e gli chiede: ecco, dimmi chi ti immagini di fianco a me, alla tua porta, com'è? Descrivi! Lei non lo trova masturbatorio all'eccesso?

I.: Se si tratta solo di un piacere personale...

A.: No, mi scusi, non mi sono spiegato. Non è masturbatorio e basta. Il fatto è, lei capisce, che se uno cola in quel mondo, beh, ad una certa sente il bisogno di indirizzare il flusso verso un'immagine, un'immagine che cerca di concretizzare, futuribile e futurosa (ride)...

I.: Insomma, è un romantico?

A.: Non in senso classico. Non vorrei che i lettori pensassero che il mio personaggio sia un personaggio romantico, alla ottocento tedesco, e robaccia simile; l'unico romanticismo che ha consiste nell'essere il personaggio di un romanzo. Più che romantico potrei dire che è... romanzico (ride).

I.: Tornando al gioco, e alla sua funzione...

A.: Sì, scusi, è che ci tenevo a precisare... (pensieroso) Comunque il gioco che lui fa, che lui chiede di fare alle persone che ama, diciamo pure agli amici, ecco, a lui serve perché in questo periodo di mestruazione emotiva (ride) lui deve, come dicevo, indirizzare il flusso della sua emotività verso un'immagine, ma non, si badi, non un referente terreno, né tantomeno un referente simbolico, solo lui trova questo bisogno, sì, trova di avere questo bisogno, gli nasce così, spontaneo, si potrebbe dire che fa parte del flusso, è nel flusso (pensieroso)... Questo bisogno, dicevo, di credere che tutto questo avrà un senso. Così fa costruire agli altri l'immagine che loro vedrebbero a suo fianco. Poi non è che si metta a cercarla da qualche parte, questo non lo può fare, però se comincia ad ottenere immagini tra loro simili, ecco, può anche capitare, diverse persone e immagini simili, allora non dico che è contento, o che questo plachi il suo sanguinare, però ha qualcosa su cui sanguinare, qualcosa da nutrire con le sue emozioni. Poi, questa immagine va via come il fazzoletto dopo...

I.: Così può spurgare, come diceva?

A.: Sì, può lasciare che il flusso finisca, ma non nel vuoto. Certo resta il lato masturbatorio, ed è una cosa molto fastidiosa, mi creda, molto fastidiosa.