giovedì 17 aprile 2008

lo specchio

(...) se lo sentiva, non sarebbe successo, non avrebbe dovuto prendere l'ombrello. Lui odiava gli ombrelli, tutto quel tintinnare di gocce sul tessuto lo innervosiva, e i pantaloni si bagnavano lo stesso; ma la soddisfazione di camminare con i capelli imbevuti d'acqua sporca è sempre troppo forte, irresistibile, è come se ti piangessero addosso e ti scegliessero come consolatore superiore. Non sceglieva mai scarpe adatte al tempo, perché i calzini potessero inzupparsi ed emanare quell'aura di cane bagnato che le persone per bene detestano, quelle stesse persone che si imbellettano al mattino, ad uno specchio che altrimenti restituirebbe un'immagine irriconoscibile, da non riconoscere, forse perché vera. Amava gli specchi, perché nessuno può sfuggire alla superficie riflettente. Lo specchio è il vero livellatore, tutti siamo uguali dinanzi a lui. La sua soddisfazione era pensare che a differenza di molti altri, la sua immagine riflessa sarebbe sempre stata identica a quella che si era costruito in testa. Non sapeva se chiamarla sincerità, onestà o se affibbiarle un'altra etichetta. Ma mentre camminava sotto la pioggia, fissando i passanti immaginava di chiedere: «E tu, quando ti guardi allo specchio, cosa vedi? Chi vedi?». Perché il suo libro preferito era Il ritratto di Dorian Gray, e aveva imparato che bisognava vivere in soffitta insieme al proprio quadro, e ogni giorno riadattare i lineamenti, rinfrescare la pittura (...)

Nessun commento: