sabato 26 aprile 2008

camminare berlino

L'unico modo che ho di conoscere un luogo è quello di camminarlo. Di percorrerne le strade, quelle più fluide, quelle più improbabili, le più strette, le più vaste, le vasche, quelle di sole case, quelle di soli negozi, quelle storiche, quelle che sembrano non essersi mai affacciate sulla storia, le strade. Camminarle, muoversi attraverso, a piedi in treno in metropolitana in autobus in gruppo da soli in coppia, spingersi stanchi ma decisi verso quella piazza, no quell'altra, giriamo di qua, potremmo iniziare da qui, la U-Bahn direzione Osloer fra 2 minuti, un Kurzzug mettiamoci in mezzo alla banchina, questo è corto, oggi abbiamo preso solo treni corti, facciamo il giornaliero per gruppi per oggi, ci conviene, quanti cambi dobbiamo fare?
C'è un altro modo che ho di conoscere un luogo, è quello di viverci. Si ritorna con una vigorosa consapevolezza, sapere che hai lasciato poche ore fa la tua città, la terza volta che la raggiungi, che ti ricongiungi, non sembra mai così strano, sembra anzi normale, come se non avessi mai fatto altro, come se abitassi da una vita a Pankow o a Friedrichshain, come se Rathaus Spandau fosse il capolinea che da anni vedi scritto sul tabellone della metropolitana, come se non avessi mai fatto altro che vivere in quella città.
Finire in un quartierino per caso, colpa di omonimie toponomastiche, e scoprire "Che bello". Commissionare alla compagna di viaggio munita di macchina fotografica e di zelo documentarista di fotografare tutti i cartelli "Wohnungen zu vermieten" sui palazzi dei quartieri più passionali, gli appartamenti in affitto, le zone; fare volentieri un ripasso del centro per gli amici che arrivano la prima volta nella vita, lo Zoo, la Ku'Damm, il Dente Cariato, e poi la mitica linea panoramica 100 fino al Parlamento|Reichstag, poi la Brandeburger Tor e Potsdamer Platz, i pezzi di muro, Alexanderplatz (anch'io voglio familiarmente chiamarla solo "Alex").
Tutti i sensi sono coinvolti, sei ricettivo al massimo: gli odori di Berlino, fra Asia Snack e Bratwurst, Currywurst, cemento e odore di moltitudine metropolitana. Il rumore dei cantieri, di una città in eterna (ri)costruzione, in eterno adattamento, e a fianco immutabili isole di persistenza. La vista che si posa sulla grandezza e sul dettaglio, e il sapore delle cose "alla tedesca", accostamenti di carne e frutta e chissà cos'altro, ma funziona. funziona sempre...
E le mani? Le mani sono tutto, quello che tocchi porterà parte di te dentro, nella sua esistenza. Ogni posacenere, ogni tavolo di bar, ogni pulsante per aprire le porte del treno, ogni persona sfiorata nella folla.
Una città che è come un panetto di gomma pane, si lascia affondare e mantiene le tracce.

Una città in cui ritrovarsi. Ti chiedi cosa fai di nuovo qua, e perché. Ti chiedi se non sia possibile... ma poi sognare così?... dovrei prima... E via dicendo. Solo una città come Berlino può penetrare così nella tua mente, da mettere tutto in discussione.


«La cosa più dura: tornar sempre a scoprire ciò che già si sa.»
(Elias Canetti, La provincia dell'uomo, 1978)



2 commenti:

Andrea ha detto...

A Way Back to Berlin è un ottimo titolo per un romanzo (almeno che non sia già stato scritto).

Unknown ha detto...

Belo belo, letto letto.
Concordo.
Forse anche un pò concorde.
Per arrivare prima.
Ma a Tempelhof.

...e se ce lo distruggono?
Messo post.