martedì 3 giugno 2008

insula minima

Circondato dalle scatole del suo recente vivere, cartoni in cui non osava mettere mano, stava come vivendo il futuro prossimo, quasi anticipando il Ritorno Definitivo (sempre che fosse scritto nel palmo del suo Destino).
A breve avrebbe nuovamente lasciato il nido, il primo dei rifugi, per l'ennesimo movimento. Aveva capito che sarebbe stato Isola, ma non un'isola deserta, tutta per sé. Aveva sempre avuto bisogno di un'Isola Minima, lo spazio essenziale, gestibile, necessario, senza angoli di dispersione, un piccolo perimetro sulla collina della Fortezza, lontano.
L'essenza di tutto era l'allontanamento dal suolo, dal livello di un mare invernale, scuro, limaccioso. Il Nilo inondando le sponde lascia fertile il terreno, mentre lui aveva tracimato di fobie e insicurezze, e inondato di pianto le persone care. Aveva dato nuova linfa alla sua campagna? Il terreno era già fecondo, perché aveva seminato bene. Ora, si accingeva ad un ritorno come altri, e diverso: la meta è la stessa, il luogo è diverso.
Avrebbe portato con sé solo lo stretto indispensabile: la violenza di un tempo che sta per scadere lo costringeva a selezionare attentamente ogni affetto, ogni effetto personale.
Non sapeva, perché non ci aveva riflettuto, se sarebbe stato capace, una volta lì, di riprendere le briglie di sé, inforcare le staffe e cavalcare di nuovo, come un tempo. Era consapevole che le ferite non si rimarginano, e che quelle così profonde lasciano cicatrici sul volto dello spirito, segni indelebili che si leggono negli occhi, e nei corpi quando si incontrano.
L'unico desiderio era riprendere il suo discorso, quel discorso troppe volte singhiozzato.
Riprendere il discorso.

1 commento:

GiulioDelleStelle ha detto...

Ho curiosato un po'! Per non essere un blog, ho letto e ri-flettuto volentieri.

Zaijian!