mercoledì 8 ottobre 2008

il giorno ritrovato

Premessa: tre anni a Trento significano, fra le altre cose, tre anni senza mercoledì. La metà della settimana nella Città del Concilio è come un momento di pausa, di sospensione di ogni giudizio e di ogni azione umana: la maggioranza delle attività si riposa; ci vogliono tempi lunghi per scovare ciò che resta a disposizione dell'utenza foreste.
Oggi, a Milano, è mercoledì. Tornare a Milano diventa così anche sinonimo di riconquista del mercoledì come giorno, come spazio di tempo sensato. Un giorno che può incominciare con un pranzo in piazzetta Liberty con una vecchia amica («Non ci sentiamo mai, ma come vedi siamo ancora qui»). Un salasso che ci si accolla volentieri: la bellezza ha un che del sacrificio. Camminare per le vie del Centro è sempre stata un'esperienza al limite, per me. Non ho mai frequentato la zona del Duomo con spasmodica assiduità; come per molti dei milanesi (intendendo con questo termine coloro che vivono Milano, a Milano) il Duomo è quasi soltanto una grande chiesa nella piazza storica della City. È lì, biancorosa, a vegliare sulle persone e sui luoghi, è un punto (enorme, certo) fermo. I più non l'hanno ancora visitato, lo faranno prima o poi, aspetta lì, la Mole. C'è anche di mercoledì. 
Il sole ti aiuta a non chiuderti ore ed ore in una libreria, o nei negozi, nei grandi magazzini della mondanità o in metropolitana: il tram è sempre il mezzo migliore per spostarsi in maniera poietica per la piccola mela della grande Milano, quando c'è il sole di ottobre; presto lo rimpiangeremo, ma il milanese non sa lamentarsi dell'inverno, gli va contro come con l'alcol dopo la sbronza. Percorri il pavet su rotaia scorgendo da un finestrino opaco le guglie marmoree della Madonnina, indovinando dietro l'angolo Guastalla, quello che una volta era il ghetto ebraico, dietro la Biblioteca Sormani, antichissimo archivio di cultura. Il tram sa fermarsi anche davanti al Palazzo di Giustizia: in Italia sono tutti uguali, con quell'architettura lineare, razionale, fascista e solida; ma come non pensare che questo di Milano non sia probabilmente il prototipo, il primo esemplare? Scendere in Cinque Giornate ti riporta alla storia dell'Ottocento, all Porta Tosa barricata contro Radetzky, alla primavera delle indipendenze. Non sai più perché ti sei spinto così in là, ma c'è il sole, ecco, questo potrebbe bastare. Torna in mente che volevi andare alla Rotonda della Besana, c'è una mostra sui nuovi volti di Milano, una mostra sulle persone nei luoghi, sulle persone sui mezzi pubblici, sul movimento delle cose e delle genti. Non avevo mai visitato la Besana, e ho scoperto uno spazio misterioso, circolare come il tempo, dove sedersi e godere della linearità di un luogo di punti equidistanti. 
È ora di tornare a casa, il sole è dietro i palazzi, e si sceglie la via più lunga. Si prende il tram (di nuovo, sempre, appena si può) e si può andare fino a Porta Genova, lo sguardo al Naviglio è sempre confortante. Si può salire sul ponte della ferrovia, fare un po' di trainspotting, ridiscendere e trovarsi nella via del design e della moda, zona Tortona, percorrerla e comprarsi una bibita fresca in lattina alla Standa, solo 43 cent. E andare a prendere l'autobus che ti riporterà a casa, quell'autobus che prendevi a mezzo tragitto per tornare da scuola, a volte, alle medie. È stato furbo prenderlo al capolinea, oggi, l'autista pazzo inanellava gialli e rossi relativi, lasciava le persone in attesa alla fermata perché non le vedeva in tempo. 
Ma tanto, oggi, c'è stato il sole. Anche se è mercoledì. 

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