martedì 28 ottobre 2008

l'arte del governo

Così come nel governo delle Cose Pubbliche, anche in quello delle Cose Private c'è bisogno di adottare una certa politica, un'arte del governo delle Relazioni, di qualsiasi natura esse siano. Si chiama politica della vita
Così si trova un ordinamento, un codice di comportamento, norme sul funzionamento, come tali costituite di diritti e doveri. Nel dialogo con l'Altro, l'Io ha nei suoi confronti dei doveri, e ha dei diritti che l'Altro deve garantire, e questa è una struttura reciprocamente considerata. Nell'adempimento dei doveri entrano in gioco diversi fattori, com'è logico che sia: il tempo a disposizione, la locazione della relazione, l'intensità del contenuto, i significati: spesso si tratta di un codice normativo implicito, tacito, che si basa sulla reciproca fiducia e fedeltà, suscettibile di essere anche considerata una sorta di fede nell'altro, in quanto la stabilità di una relazione permette di dare per assodati alcuni fondamenti. 
Quando l'Io percepisce che l'Altro non ha adempiuto ad un dovere, pur avendo l'Altro la possibilità di farlo, o addirittura l'accordo, sorge il problema primario dell'analisi della motivazione, della causa. Le teorie che l'Io sistematizza per spiegare la questione sono diverse, e partono spesso da un assunto di natura individuale, senza riscontro: che il rapporto sia sbilanciato, e che l'Io investa troppo nella relazione con l'Altro, o perlomeno di più di quanto l'Altro non faccia. Sicché l'ipotesi di rivendicare un diritto negato, o l'aperta denuncia di un dovere cui l'Altro ha disatteso, si tinge di dichiarazione di insofferenza, di esclusività pretesa, di gelosia nei confronti dei fattori che possono (nella mente dell'Io) aver contribuito alla mancanza. 
In questo modo la fede torna ad essere una semplice fiducia, e si rimette in discussione il fondamento di una relazione, finché non si arriva a scegliere uno solo dei fattori che contribuirebbero all'adempimento dei doveri: il tempo. Così si sceglie la via del silenzio, e si attende senza sperare granché, solo ammettendo la difficoltà, l'unica cosa che si attende è che l'Altro se ne renda conto. Così la relazione un po' muore (forse in attesa di nuovo vigore?), ma è inevitabile che ad una certa l'Io si sfianchi di inseguire l'Altro nei suoi peregrinamenti, che lo tangono senza saluti, come se non gliene importasse niente. 

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